Dal 1990 al 2013 nel mondo l’aspettativa di vita è aumentata, in media, di 6,2 anni. In Italia si attesta su 84,6 anni per le donne (+4,4 anni) e 79,5 per gli uomini (+5,9). É quanto emerge dal Global Burden of Disease study appena pubblicato sulla rivista Lancet. Più lentamente è cresciuta invece l’aspettativa di vita in buona salute: +5,4 anni a livello mondiale, e in Italia +4,6 anni per i maschi e +3,3 per le femmine. In pratica, si vive di più ma si convive con acciacchi e disturbi.
Il team internazionale, tra cui ricercatori dell’Ospedale materno-infantile Burlo Garofolo di Trieste e dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, ha analizzato la diffusione delle principali malattie e il loro impatto sulla mortalità e la disabilità in 188 paesi.
Notevoli le differenze tra paese a paese. Se, per esempio, chi è nato in Nicaragua e Cambogia nel 2013 ha una speranza di vita in buona salute superiore ai nati due decenni prima (rispettivamente +14,7 e +13,9 anni), in Lesotho e Swaziland invece c’è stato un forte peggioramento (-10 anni). In generale i Paesi che più di altri registrano questa tendenza sono tra i più poveri del mondo, come quelli dell’Africa sub-sahariana. I Paesi invece con i tassi più bassi di perdita della salute sono Giappone, Singapore, Andorra, Islanda e Israele.
“L’Italia si colloca al settimo posto per le migliori condizioni di vita senza disabilità e all’ottavo per la più alta aspettativa di vita in buona salute” precisa Lorenzo Monasta, epidemiologo del Burlo di Trieste. Anche se, anche in Italia, si vive più a lungo ma si ha a che fare con disturbi e malattie. “C’è un gap di più di un decennio tra la speranza di vita e la speranza di vita in buona salute. Abbiamo dunque bisogno di capire le principali cause di perdita di salute, in modo da poter intervenire per vivere non solo di più, ma meglio” aggiunge.
Dallo studio emerge che, a livello mondiale, le principali cause che compromettono il buono stato di salute sono cardiopatia ischemica, infezioni delle basse vie respiratorie, ictus, mal di schiena, incidenti stradali, malattie diarroiche, broncopneumopatia cronica, complicazioni neonatali alla nascita pretermine, Hiv/Aids e malaria. Nel nostro Paese, invece, “mal di schiena e dolore al collo, cardiopatia ischemica e Alzheimer, perdita di udito, ictus, cancro al polmone, cadute, disturbi depressivi, emicrania e broncopneumopatia cronica ostruttiva sono le malattie che nel 2013 hanno più inciso sul benessere delle persone” precisa Monasta.
“In Italia abbiamo fatto progressi nel ridurre alcune condizioni che contribuiscono alla perdita della salute” conclude Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto Mario Negri. “Ma il pedaggio di alcune malattie, tra cui cardiopatia ischemica, depressione e morbo di Alzheimer, mostra che c’è ancora molto lavoro da fare”.
FONTE: (ansa)